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Tabella cat. catastali





 
TABELLA DELLE CATEGORIE CATASTALI
IL CERTIFICATO DI AGIBILITÀ
DOCUMENTI NECESSARI PER VENDERE CASA
CERTIFICAZIONE ENERGETICA
TIPI DI CONTRATTO DI LOCAZIONE
MEDIAZIONE MMOBILIARE
NORME CONDOMINIALI
L’IMPOSTA DI SUCCESSIONE
 

 

TABELLE CATEGORIE CATASTALI 

I - IMMOBILI A DESTINAZIONE ORDINARIA
 GRUPPO A
A/1 Abitazioni di tipo signorile
A/2 Abitazioni di tipo civile
A/3 Abitazioni di tipo economico
A/4 Abitazioni di tipo popolare
A/5 Abitazioni di tipo ultrapopolare
A/6 Abitazioni di tipo rurale
A/7 Abitazioni in villini
A/8 Abitazioni in ville
A/9 Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici
A/10 Uffici e studi privati
A/11 Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi

GRUPPO B
B/1 Collegi e convitti, educandati; ricoveri; orfanotrofi; ospizi; conventi;
seminari; caserme
B/2 Case di cura ed ospedali (senza fine di lucro)
B/3 Prigioni e riformatori
B/4 Uffici pubblici
B/5 Scuole e laboratori scientifici
B/6 Biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, accademie che non hanno sede in
edifici della categoria A/9
B/7 Cappelle ed oratori non destinati all’esercizio pubblico del culto
B/8 Magazzini sotterranei per depositi di derrate

GRUPPO C
C/1 Negozi e botteghe
C/2 Magazzini e locali di deposito
C/3 Laboratori per arti e mestieri
C/4 Fabbricati e locali per esercizi sportivi (senza fine di lucro)
C/5 Stabilimenti balneari e di acque curative (senza fine di lucro)
C/6 Stalle, scuderie, rimesse, autorimesse (senza fine di lucro)
C/7 Tettoie chiuse od aperte

II - IMMOBILI A DESTINAZIONE SPECIALE
GRUPPO D
D/1 Opifici
D/2 Alberghi e pensioni (con fine di lucro)
D/3 Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili (con fine di
lucro)
D/4 Case di cura ed ospedali (con fine di lucro)
D/5 Istituto di credito, cambio e assicurazione (con fine di lucro)
D/6 Fabbricati e locali per esercizi sportivi (con fine di lucro)
D/7 Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività
industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali
trasformazioni.
D/8 Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività
commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali
trasformazioni.
D/9 Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati
soggetti a pedaggio.
D/10 Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole.

III - IMMOBILI A DESTINAZIONE PARTICOLARE
GRUPPO E
E/1 Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei.
E/2 Ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio.
E/3 Costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche
E/4 Recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche.
E/5 Fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze.
E/6 Fari, semafori, torri per rendere d’uso pubblico l’orologio comunale
E/7 Fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti.
E/8 Fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe
di famiglia.
E/9 Edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del
gruppo E.

NOTE ESPLICATIVE SUL GRUPPO A
 Il prospetto di qualificazione che riporta le categorie esistenti è relativo e
variabile da luogo a luogo, ed avrà un corrispondente significato locale.

A/1 - Abitazioni di tipo signorile.
Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche
costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di
tipo residenziale.
A/2 - Abitazioni di tipo civile.
Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive,
tecnologiche e di rifiniture di livello rispondente alle locali richieste di mercato per
fabbricati di tipo residenziale.
A/3 - Abitazioni di tipo economico.
Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche di economia sia per i
materiali impiegati che per la rifinitura, e con impianti tecnologici limitati ai soli
indispensabili.
A/4 - Abitazioni di tipo popolare.
Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive e di
rifiniture di modesto livello. Dotazione limitata di impianti quantunque indispensabili.
A/5 - Abitazioni di tipo ultrapopolare.
Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con caratteristiche costruttive e di
rifiniture di bassissimo livello. Di norma non dotate di servizi igienico-sanitari
esclusivi.
A/6 - Abitazioni di tipo rurale.
A/7 - Abitazioni in villini.
Per villino deve intendersi un fabbricato, anche se suddiviso in unità immobiliari,
avente caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture proprie di un fabbricato
di tipo civile o economico ed essere dotato, per tutte o parte delle unità immobiliari,
di aree esterne ad uso esclusivo.
A/8 - Abitazioni in ville.
Per ville devono intendersi quegli immobili caratterizzati essenzialmente dalla
presenza di parco e/o giardino, edificate in zone urbanistiche destinate a tali
costruzioni o in zone di pregio con caratteristiche costruttive e di rifiniture, di livello
superiore all'ordinario.
A/9 - Castelli, palazzi eminenti.
Rientrano in questa categoria i castelli ed i palazzi eminenti che per la loro struttura,
la ripartizione degli spazi interni e dei volumi edificati non sono comparabili con le
Unità tipo delle altre categorie; costituiscono ordinariamente una sola unità
immobiliare. E' compatibile con l'attribuzione della categoria A/9 la presenza di altre
unità, funzionalmente indipendenti, censibili nelle altre categorie.
A/10 - Uffici e studi privati.
Rientrano in questa categoria quelle unità immobiliari che per tipologia, dotazione di
impianti e finiture sono destinate all’attività professionale.
A/11 - Abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi
Rifugi di montagna, baite, trulli, sassi, ecc…
IL CERTIFICATO DI AGIBILITA'
Il legislatore in passato ha fatto riferimento sia al termine "abitabilità" sia al termine "agibilità". A seguito dell'emanazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, entrato in vigore il 30.6.2003), è stata eliminata tale distinzione, facendosi oggi riferimento esclusivamente al concetto di agibilità in virtù delle norme contenute nel Titolo III, agli artt. 24-26.Tale certificato dal Comune e ha la funzione di certificare la «sussistenza delle condizioni di sicurezza, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi istallati» (art. 24, 1° comma).
Si tratta di un documento che non riveste una funzione urbanistica, ovverosia quella di attestare la regolarità urbanistica dell'immobile, ma quella di attestare la capacità del bene immobile di assolvere alla funzione economico-sociale cui lo stesso è destinato, assicurandone al contempo il legittimo godimento e la commerciabilità.
Tralasciando l'iter delle procedure di rilascio del certificato, che qui si danno per note, occorre evidenziare, a seguito dei numerosi arresti di legittimità sull'argomento, cosa accade quanto l'immobile è privo del certificato di agibilità

La tesi della nullità del contratto di compravendita
Il certificato di agibilità viene tradizionalmente ricondotto nell'ambito dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa venduta che l'art. 1477, al 3° co., c.c. impone al venditore di consegnare all'acquirente.
Come noto, si tratta di un obbligo derogabile tramite un diverso accordo fra le parti, con cui, oltre all'esonero del venditore dall'obbligo stesso, potrebbe essere convenuto l'esonero, sempre del venditore, dalla responsabilità conseguente all'eventuale impossibilità di ottenere il certificato. Tale accordo tra le parti non inficia la traslazione della proprietà del bene.
Nel caso in cui, invece, non sia avvenuto un accordo in tal senso, molto si è discusso in dottrina e in giurisprudenza circa le conseguenze derivanti dall'inadempimento dell'obbligo suddetto.
In passato, una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito era giunta a configurare l'alienazione di un immobile privo del certificato di agibilità come contratto nullo per illiceità dell'oggetto ex art. 1346 c.c., in virtù di una presunta contrarietà alle norme urbanistiche.
Tale concetto, però, è stato per lo più disatteso, atteso che nessuna norma imperativa contempla un obbligo di preventivo rilascio del certificato, trattandosi di documentazione posta a tutela del singolo compratore, non rispondente ad una funzione urbanistica generale.
Ne consegue che l'atto di compravendita di un bene immobile, nel quale non sia formalmente inserita la dichiarazione di sussistenza della agibilità, è perfettamente valido, poiché nessuna violazione di legge può essere rilevata, dovendosi, peraltro, escludere qualsiasi influsso sulla responsabilità del notaio rogante
Consolidata, dunque, la teoria secondo cui la mancanza del certificato non comporta un vizio strutturale del contratto, ci si deve soffermare sulle conseguenze che la mancanza di tale documento può avere, sul piano sostanziale, in ordine al rapporto contrattuale.
In particolare, occorre esaminare se la mancanza di certificato di agibilità legittimi in ogni caso il ricorso al rimedio della risoluzione del contratto o se sia necessario differenziare la mancanza dell'agibilità in sé e per sé considerata, dalla semplice omessa consegna.

La tesi della compravendita di un aliud pro alio
Affinché la mancanza dell'agibilità di un immobile acquistato possa assumere rilievo quale inadempimento dell'alienante ex art. 1453 c.c. e ss., si richiede che il certificato stesso assurga a caratteristica fondamentale del bene alienato, la cui assenza, in altri termini, sia in grado di incidere pesantemente sull'uso che la parte acquirente si aspetta dal bene compravenduto.
In tale ipotesi, l'orientamento maggioritario riconosce in danno del soggetto inadempiente una responsabilità per alienazione di aliud pro alioin quanto il bene non può assolvere a quella funzione economico-sociale che gli è propria.
Da evidenziarsi che questa tesi ha alimentato svariati dubbi poiché la distinzione fra aliud pro alio, vizi redibitori e mancanza di qualità essenziali, per quanto chiara sul piano concettuale, non risulta essere di facilissima applicazione.
Nel caso di consegna di un aliud pro alio, l'acquirente sarebbe legittimato ad esperire la generale azione di risoluzione per inadempimento, soggetta solo al termine di prescrizione ordinario decennale e a nessun termine di decadenza, laddove, invece, a fronte di vizi o di mancanza di qualità essenziali, l'acquirente avrebbe a disposizione le cosiddette “azioni edilizie”, da esercitarsi a pena di decadenza entro otto giorni dal momento della scoperta del vizio o della mancanza di qualità e soggette a prescrizione nel termine breve di un anno dalla consegna, ex art. 1497 c.c..
Bisognerà, dunque, distinguere la situazione in cui versa un immobile che possieda i requisiti per ottenere la dichiarazione di agibilità, ma, per qualche ragione, non l'abbia ancora ottenuta, da quella di un immobile che, in concreto, non possieda tali requisiti. Nel primo caso, l'irregolarità non è di fatto sanabile, in quanto l'immobile carente strutturalmente non potrà mai ottenere il certificato di agibilità; nel secondo caso, invece, è evidente come sarebbe ben possibile, anche in un momento successivo alla stipula della compravendita, ottenere l'agibilità dell'immobile che ne abbia concretamente i requisiti per l'ottenimento.
La Corte di Cassazione ha chiarito che l'omessa consegna del certificato di abitabilità non integra l'ipotesi della consegna di aliud pro alio, richiedendosi, a tal fine, l'esistenza di insanabili violazioni della legge urbanistica.
Quando non sia questo il caso (e, quindi, si tratti di mera mancanza documentale del certificato di agibilità), la risoluzione non potrebbe essere senz'altro pronunciata, bensì si dovrebbe verificare l'importanza e la gravità dell'omissione (a questo punto rilevante solo alla luce di quanto previsto nell'art. 1477, co. 3°, c.c.) in concreto, in relazione al godimento, alla commerciabilità del bene e alle specifiche esigenze del compratore.
Anche laddove l'omessa consegna del certificato non sia idonea a fondare la risoluzione del contratto, potrà comunque ravvisarsi un danno risarcibile (il quantum andrà commisurato al deprezzamento che l'immobile ha subito a causa del mancato rilascio della certificazione), potendo un pregiudizio conseguire anche solo per avere ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilità.
Viceversa, qualora la mancanza del certificato di abitabilità dell'immobile sia imputabile ad una non rispondenza alle prescrizioni edilizie, il risarcimento dovrà essere parametrato alle spese presuntivamente necessarie per compiere gli adempimenti necessari ad ottenere il certificato stesso.
In conclusione a questa doverosa panoramica, l'obbligo della consegna della certificazione di agibilità sorge al momento della consegna della res, giusta il disposto di cui al comma 3° dell'art. 1477 c.c. in relazione alla vendita definitiva. La medesima norma è applicabile al contratto preliminare con consegna anticipata.
Il requisito dell'agibilità, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo formale è una circostanza endogena all'autonomia delle parti, le quali possono considerare tale aspetto come una qualità essenziale o meno dell'oggetto del contratto, purché l'immobile non sia abusivo. Per tali ragioni sarebbe consigliabile che le parti regolamentino tali fattispecie. Per converso, l'obbligo di procurare l'ottenimento del certificato incombe sull'alienante, configurandosi il trasferimento di immobile non munito dei requisiti per ottenere l'agibilità come un trasferimento di aliud pro alio, con conseguente esperibilità dell'azione di risoluzione ex art. 1453 c.c. entro il termine di prescrizione decennale.

Le pronunzie della Suprema Corte

In ipotesi di aliud pro alio, Cassazione Civile, sez. II , 21 gennaio 2013, n. 1373ha ritenuto che non può ritenersi configurata la fattispecie di "aliud pro alio", che consente di esperire l'azione di risoluzione di cui all'art. 1453 cod. civ., nel caso di compravendita di un immobile privo dei certificati di abitabilità od agibilità, quando oggetto del contratto siano immobili collocati in uno stabile d'epoca, nello stato di fatto e di diritto come visto e gradito dalla parte acquirente, dovendo all'uopo valutarsi anche l'esiguità del prezzo ed altre circostanze sufficienti a dimostrare la conoscibilità delle caratteristiche funzionali del bene in capo all'acquirente;


In ipotesi di assenza della certificazione, Cassazione Civile, sez. II, 8 gennaio 2013, n. 259, ha statuito che l'assenza del certificato di abitabilità di un appartamento, non escludendone di per sé la conformità alle norme igienico-sanitarie, non impedisce l'utilizzazione in concreto dello stesso come abitazione, potendosi, pertanto, riconoscere al proprietario dell'immobile il risarcimento del danno per la mancata fruizione del bene conseguente al fatto illecito ascrivibile ad un terzo.

Ed ancora, Cassazione Civile, sez. II, 11 ottobre 2013, n. 23157 ha confermato che la consegna del certificato di abitabilità dell'immobile oggetto del contratto, ove questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sé condizione di validità della compravendita, integra un'obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell'art. 1477 c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all'uso contrattualmente previsto. Pertanto, la mancata consegna del certificato di abitabilità implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, può comunque essere fonte di un danno risarcibile, configurabile anche nel solo fatto di aver ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilità, essendo al riguardo irrilevante la concreta utilizzazione ad uso abitativo da parte dei precedenti proprietari.

A differenza dell'orientamento precedente (v. Cass., 26 gennaio 2006, n. 1514; Cass., 27 novembre 2009, n. 25040, secondo il quale il mancato rilascio del predetto certificato incide sull'attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, con conseguente inadempimento da parte del venditore per consegna di aliud pro alio), il recente orientamento dei Giudici di legittimità, non solo ritiene che la mancata consegna del certificato di agibilità al momento della vendita di un immobile, non comporti nullità del contratto (non vi è infatti alcuna norma che proibisca, analogamente a quanto accade per gli immobili abusivi, la circolazione di abitazioni o edifici non agibili, la cui negoziazione è lecita non essendo l'oggetto del contratto né giuridicamente impossibile né illecito, dunque non può parlarsi di “nullità virtuale”), ma anche che la mancanza del certificato di abitabilità, non può dar luogo alla fattispecie di aliud pro alio che consente di esperire l'azione di risoluzione di cui all'art. 1453 cod. civ. , bensì alla richiesta di declaratoria di responsabilità contrattuale in capo al venditore, con conseguente richiesta di risarcimento danni per la ridotta commerciabilità del bene.
In questo senso v. Cass. 14/01/2014 n. 629 ed in senso conforme, ex multis, Cass. 11/10/2013 n. 23157.
Da evidenziarsi, per completezza, che l'obbligo di consegna del documento di agibilità discende solo dal contratto definitivo e non dal preliminare. A tal proposito, la Cassazione con decisione del 14 gennaio 2014, n. 629/2014, oltre a confermare tale nuovo orientamento, ha chiarito che è legittimo da parte del promissario acquirente il recesso dal contratto preliminare, mentre il promittente venditore deve essere condannato a pagare il doppio della caparra ottenuta all'epoca della sottoscrizione del preliminare stesso e che il mancato rilascio del certificato di agibilità non rappresenta un pregiudizio al pieno godimento dell'immobile.

DOCUMENTI PER VENDERE CASA
La documentazione di cui sotto è indicata a titolo generale al fine di dare a chiunque fosse interessato una prima idea di quali documenti siano generalmente richiesti quando si vuole acquistare una casa. Per tale ragione si invita sempre la clientela interessata a contattare lo studio di Bergamo (contatti) per ricevere gratuitamente un primo e corretto inquadramento dell’operazione programmata (non solo civile ma anche fiscale): il notaio, sulla base delle informazioni ricevute e visione dell’eventuale documentazione già prodotta (anche per mail), indicherà quale documentazione sia nel concreto necessaria produrre al fine di operare un trasferimento sicuro e garantito. Dall’esame del caso concreto la documentazione richiesta potrà essere anche più ristretta di quanto infra indicato a titolo generale; si pensi ad esempio al titolo di provenienza documento portante di ogni trasferimento immobiliare in quanto certifica chi sia il vero proprietario: per il cliente non sarà necessario produrre tale documento nell’ipotesi di atto stipulato presso lo studio che pertanto ne sarà già in possesso; oppure alla certificazione energetica ed alle sue eccezioni legislative.

Documenti delle parti
per le persone fisiche
•Documento di identità (in alternativa il passaporto o la patente se rilasciata dalla questura); qualora i dati relativi alla residenza non fossero aggiornati comunicare i nuovi; controllare la data di scadenza dei documenti;
•Codice fiscale (o tessera sanitaria);
 Permesso di soggiorno per gli extracomunitari; se scaduto, ma in fase di rinnovo, portare copia della richiesta di rinnovo già inviata alla questura.
 Se non si interviene personalmente all’atto, ma a mezzo di rappresentante: originale della procura speciale o copia autentica della procura generale e fotocopia dei documenti di riconoscimento del soggetto rappresentato;
•Estratto dell’atto di matrimonio in carta semplice ovvero certificato di stato libero (sia della parte venditrice che della parte acquirente);
per le società e/o ditte individuali
 Comunicare in anticipo allo studio la partita Iva; nel caso di società amministrata da un consiglio di amministrazione fornire la delibera del consiglio di amministrazione riportata sul relativo libro sociale vidimato che autorizza il legale rappresentante ad intervenire e firmare l’atto (e/o eventuali delibere assembleari o decisioni dei soci che conferiscono al legale rappresentante i relativi poteri per la firma).
Documenti per il rogito
 Copia del titolo di provenienza (ovvero atto di acquisto da cui risulta la proprietà del venditore, come vendita, donazione, divisione, decreto giudiziale di trasferimento se acquistato all’asta, ecc.); se l’immobile è pervenuto per successione produrre, oltre al titolo di acquisto del defunto, anche copia della dichiarazione di successione e, su richiesta dello studio, lo stato di famiglia originario del defunto; se la successione è regolata da un testamento, occorre anche copia del verbale di pubblicazione del testamento; se l’immobile è stato costruito dai venditori, deve essere prodotta copia del titolo di provenienza del terreno sul quale si è edificato;

•Menzioni urbanistiche:
– nel caso di fabbricati la cui costruzione è iniziata in data posteriore al 1° settembre 1967, indicare gli estremi (data di rilascio e numero di protocollo) della concessione edilizia che ha autorizzato l’edificazione solo se tali estremi non sono indicati nel titolo di provenienza (N.B.: lo studio potrà sempre richiedere alla parte venditrice, specie se anche costruttrice del bene trasferito, l’esibizione di tutte le comunicazioni presentate e provvedimenti amministrativi rilasciati per procedere all’edificazione);
– comunicare allo studio se la parte venditrice dopo l’acquisto ha apportato al bene delle successive modifiche catastali e/o urbanistiche: in tale ipotesi presentare (anche attraverso l’ausilio del geometra che all’epoca curò tali modifiche) fotocopia della documentazione presentata e/o rilasciata al/dal Comune per autorizzare tale modifiche (ad esempio D.I.A., comunicazioni, ecc.). N.B.: dal 1° luglio 2010 la parte venditrice, a pena di nullità dell’atto, deve dichiarare che la scheda depositata attualmente in catasto è conforme allo stato di fatto;
– fotocopia del certificato di abitabilità/agibilità ovvero dell’istanza presentata in caso di sua formazione per silenzio assenso. N.B.: l’assenza dell’abitabilità/agibilità, fermo restando che la costruzione sia stata realizzata in esecuzione e conformità ad i progetti approvati con provvedimenti edilizi, non impedisce la stipula dell’atto nel quale si specificherà che l’immobile ha i requisiti per essere abitabile, nonostante non sia in possesso del certificato di abitabilità, e che lo stesso viene acquistato nello stato di fatto in cui si trova;
– nel caso in cui oggetto della vendita sia anche un terreno (non inserito nella scheda catastale del fabbricato e censito autonomamente al catasto terreni) produrre anche il certificato di destinazione urbanistica, da richiedere in bollo al Comune ove è ubicato il terreno, e da allegare a pena di nullità all’atto di trasferimento. N.B.: non è necessario tale certificato nel caso di terreno pertinenziale al fabbricato da acquistare ed avente una superficie complessiva inferiore a 5.000 mq.;

•Attestato di prestazione energetica;
• Mediazione: se ci si è avvalsi di un’agenzia immobiliare fornire allo Studio i contatti della stessa (telefono e/o mail);

• Mutuo: se l’acquirente ha richiesto un mutuo per l’acquisto fornire allo Studio i contatti del funzionario di banca che segue la pratica (telefono e/o mail);

 Acconti: se sono stati corrisposti prima del rogito notarile acconti produrre fotocopia degli stessi (assegni o ricevuta del bonifico);

 Preliminare: se è stato già stipulato un preliminare registrato produrre copia dello stesso;

 Nel caso di immobili locati a terzi produrre copia del contratto di locazione in corso debitamente registrato. Si ricorda che nell’ipotesi in cui ad essere trasferito a titolo oneroso fosse un immobile ad uso commerciale al conduttore spetterà il diritto di prelazione urbana. In tal caso è necessario darne comunicazione (contenente il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l’invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione) al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario e attendere il decorso dei 60 giorni dalla notifica ovvero ottenere una rinuncia scritta preventiva alla prelazione che contenga tutte le condizioni della cessione, prime fra tutte il prezzo di vendita;

 Nel caso di alloggi realizzati su area PEEP (piani per l’edilizia economica e popolare) lo Studio provvederà al recupero della convenzione con la quale il Comune ha trasferito la proprietà ovvero costituito il diritto di superficie; si ricorda che ove la convenzione prevedesse un prezzo massimo il venditore dovrà richiedere al Comune la determinazione dello stesso ovvero procedere preventivamente con il Comune stesso allo svincolo del bene mediante un atto di modifica della convenzione;

 Nel caso di immobili sottoposti a vincolo storico artistico (i cd. beni culturali) presentare tutta la documentazione inerente (Decreto notificato e trascritto del Ministero che determina la natura culturale del bene) al fine di osservare la normativa in materia di prelazione riconosciuta al Ministero nel caso di trasferimento.

Per chi acquista invece bisogna considerare alcune informazioni
Si tratta di utili informazioni riguardanti aspetti che non incidono sulla commerciabilità del bene bensì sul valore e qualità dello stesso; una corretta e preventiva informazione serve ad evitare contestazioni e liti successive alla stipula. In particolare:
 Informarsi sullo stato degli impianti e visionare l’eventuale documentazione amministrativa e tecnica degli stessi (compresi se presenti i libretti di manutenzione) al fine di valutare la loro conformità alla normativa in vigore all’epoca in cui gli stessi sono stati realizzati, rifatti o da ultimo adeguati; nel caso di edifici condominiali è probabile che la documentazione sia conservata, su mandato di tutti i condomini, dall’Amministratore di Condominio;
 Se immobile condominiale, è utile richiedere alla parte venditrice che prima della stipula della vendita venga esibita certificazione dell’amministratore di condominio attestante l’assenza ovvero l’eventuale importo di oneri condominiali insoluti (si ricorda che chi subentra ad un condomino è obbligato solidamente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente).

Informazioni di carattere fiscale
Si tratta di utili informazioni che hanno il compito di fornire un corretto inquadramento fiscale del proprio atto ed usufruire, nel caso in cui ne ricorrano le condizioni, delle agevolazioni previste. In particolare:
 Specificare se l’acquisto a titolo oneroso o gratuito avviene con le agevolazioni prima casa; si ricorda che con la riforma della tassazione non potranno richiedersi le agevolazioni prima casa per le unità immobiliari accatastate con le categorie catastali: A1, A8 e A9;
 Per chi acquista a qualsiasi titolo una prima casa, specificare se nell’anno anteriore si è alienato a qualsiasi titolo un immobile comprato con le agevolazioni prima casa. In tal caso produrre copia degli atti di acquisto e di trasferimento della precedente prima casa al fine di poter usufruire del credito di imposta relativo;
 Per chi acquista, comunicare se l’atto è preceduto da un preliminare registrato. In tal caso produrre copia del preliminare con gli estremi di registrazione, al fine di poter usufruire del credito di imposta relativo;
 Per chi vende a titolo oneroso, comunicare se l’immobile venduto è stato acquistato da meno di cinque anni e per meno della metà del tempo in cui se ne è avuto la proprietà è stato adibito a propria abitazione. In tal caso, se la parte venditrice intende sull’eventuale plusvalenza realizzata (ovvero la differenza positiva tra il costo di acquisto del bene ed il prezzo di rivendita) versare l’imposta sostitutiva del 20% della plusvalenza direttamente all’atto di vendita, dovranno essere prodotte in studio tutte le fatture inerenti l’acquistononchè le spese che hanno determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore;
 Per chi vende a titolo oneroso terreni agricoli o edificabili e ha provveduto alla rivalutazione con perizia, produrre la perizia giurata di determinazione del valore.

CERTIFICATO ENERGETICO (A.C.E.)
L'attestato di certificazione energetica (Ace) è il documento che attesta la classe di consumo della casa. Chiariamoci ogni dubbio al proposito.
La verifica dei consumi effettivi di un’abitazione o di un intero edificio sta diventando una prassi consolidata e il certificatore è l’unico tecnico abilitato per legge alla compilazione dell’Attestato di certificazione energetica – Ace. Cioè quel documento “patente” che attesta la classe di consumo di una casa o di un immobile.
Il certificatore si occupa di controllare i consumi effettivi di un’abitazione oppure di un intero edificio, basandosi sui dati rilevabili a partire dagli impianti di climatizzazione e di produzione di acqua calda sanitaria presenti. I parametri vengono poi elaborati e registrati nell’Attestato di certificazione energetica che riporta anche l’indice di prestazione energetica o Ipe (vale a dire l’energia totale consumata dall’edificio climatizzato per metro quadro di superficie ogni anno). L’Ace, pertanto, permette di inquadrare l’immobile in una scala di efficienza energetica che va da G (la meno efficiente) ad A (la più efficiente). Ed è attraverso l’Ipe che i potenziali acquirenti o locatari vengono a conoscenza dei consumi dell’immobile cui sono interessati. Infine, al pari di un consulente energetico – figura operativa nel settore della riduzione dei consumi e più spesso impiegata nella diagnosi energetica – il certificatore può anche consigliare quali interventi sono necessari per migliorare le prestazioni della casa esaminata.

Diagnosi e certificazione: differenze
I compiti di un certificatore consistono essenzialmente nella compilazione dell’Ace, attraverso il controllo di determinati parametri per misurare il consumo reale di un’abitazione. Mansioni che non devono essere confuse con quelle necessarie per la diagnosi energetica: quest’ultima precede la compilazione dell’Ace, ed è svolta da un tecnico che può anche non essere un certificatore. Consiste in un’analisi completa dei consumi (il che implica la misurazione di parametri legati alla coibentazione e alla dispersione di calore). Diagnosi e certificazione, pertanto, sono distinte e hanno anche costi diversi: la prima richiede misurazioni più complesse e il prezzo può variare dai 500 ai 7mila euro; si calcoli una media di circa 300 euro per il rilascio dell’Ace. Una corretta analisi dovrebbe sempre essere preceduta dalla diagnosi energetica. In questa prima fase, infatti, un tecnico esegue il sopralluogo per controllare la coibentazione e misurare l’esatta dispersione termica dell’edificio. Ed è in questa fase che vengono raccolti ed elaborati i dati che serviranno al certificatore per compilare l’attestato. Talvolta però il certificatore stila l’attestato senza elementi pregressi.

I nominativi sono su registri ufficiali
Gli infissi sono uno degli elementi di cui si tiene conto nella diagnosi energetica.
Per scegliere un certificatore, l’inquilino o il proprietario di casa può fare affidamento ai registri istituiti dalle Regioni o dalle Province autonome, laddove presenti. Le informazioni sono curate dagli stessi uffici tecnici dei Dipartimenti energia, ambiente e territorio dei singoli enti territoriali o dalle agenzie che impartiscono i corsi di formazione.
L’elenco non è obbligatorio. È possibile allora contattare gli Ordini professionali (ingegneri, architetti, periti industriali, geometri). Come per tutte le libere professioni esercitate in un libero mercato, inoltre, è il “passaparola” il miglior sistema di reperimento di un certificatore energetico: chiedendo al notaio di fiducia (per compravendite e locazioni) o ai tecnici competenti che seguono le pratiche edilizie.

Unelenco“generale”
Infine, per evitare di rivolgersi a finti esperti con il rischio di ottenere certificazioni non valide, è sempre possibile consultare la banca dati dell’ente nazionale di accreditamento italiano, Accredia. La sezione “figure professionali abilitate” pubblicata sul sito dell’agenzia governativa contiene i nomi delle persone fisiche qualificate per settore e competenza. Sono resi noti anche i nomi delle società pubbliche, private e delle Esco (Energy Service Company) accreditate per la certificazione (per queste ultime purché abbiano nel loro organico almeno un certificatore abilitato).
Le procedure per l’accreditamento sono a carico del singolo certificatore il quale non è comunque obbligato a comparire in questi elenchi, a meno che le norme regionali non lo impongano.

Il ruolo delle Esco
Le Energy Service Company sono state previste per la prima volta dal Decreto 115/2008. Si tratta di una persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici o altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell’utente e, ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti. Nella maggior parte dei casi le Esco sono imprese organizzate che dispongono di personale con competenze tecniche necessarie a realizzare correttamente il servizio energetico, riducendone gli impatti ambientali. Il Comitato Termotecnico Italiano sta aggiornando il “Rapporto sulla Certificazione energetica degli edifici”, pubblicazione periodica che fotografa lo stato dell’arte dell’attuazione delle norme sulla riduzione dei consumi di energia nel Paese. Tra i dati richiesti alle Regioni vi è anche il numero di Esco (come persone giuridiche) che risultano iscritte negli albi/elenchi regionali.

Che cosa dice la legge
L’Italia è sempre stata sensibile al tema della riduzione dei consumi energetici: la legge n .10 del 9/1/1991 aveva già introdotto norme «per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili». Proprio all’articolo 30 – poi abrogato dal più recente decreto legislativo 192/2005 – menzionava la certificazione energetica degli edifici. Il Governo però non ha mai attuato fino al 2005 la legislazione italiana ed europea. Tre anni dopo, sono stati promulgati i primi criteri per diventare certificatore – Allegato al Dlgs115/2008 – che saranno sostituiti dalle Linee guida sui certificatori energetici adottate quest’anno ma non ancora in vigore.

Ogni regione decide per conto proprio
Grazie a questa clausola, prevista dall’art. 17 del D.Lgs. 192/2005, le Regioni hanno il potere di emanare regole autonome definendo i requisiti minimi relativi all’accreditamento dei soggetti abilitati a svolgere le certificazioni energetiche degli immobili. Sempre grazie a questa clausola, gli enti territoriali decidono anche quali titoli di studio e corsi di formazione specifici debbano essere stati seguiti dagli aspiranti tecnici. Il nuovo decreto, non ancora in vigore, ma relativo ai requisiti e alle modalità di accreditamento dei certificatori energetici, rientra tra le disposizioni attuative relative all’art. 4, comma 1, lettera C del D.Lgs. 192/2005.

L’Ace: il documento della casa
L’Attestato di certificazione energetica è il documento finale nel quale è indicato un valore (Ipe – indice di prestazione energetica) risultante dal calcolo del rendimento energetico di un immobile (quanto consuma per mq di superficie) e quali siano gli interventi di miglioramento più significativi in termini di costi/benefici (per esempio: sostituzione di caldaia o serramenti, isolamento tetto, impianti solari termici, ecc.).

A cosa serve?
Fornisce informazioni ai consumatori per metterli in grado di valutare e confrontare gli immobili prima di acquistarli, così da essere incentivati a scegliere quello che consuma di meno o che ha le migliori potenzialità nel caso di una futura riqualificazione energetica.

Protocolli ad hoc
Non in tutte le Regioni si utilizza lo stesso protocollo per il rilascio dell’Ace. Oltre a questo attestato è possibile conseguire la certificazione di sostenibilità energetico-ambientale aderendo a protocolli basati su una serie di elementi più numerosa del riscaldamento e della produzione di acqua calda sanitaria. È il caso del protocollo Itaca – il più diffuso in Italia – mentre in aree come Bolzano, Trento e Aosta il sistema di certificazione risponde a protocolli regionali ad hoc (Casaclima e Beauclimat).

Quando è obbligatorio?
L’attestato di certificazione energetica Ace è sempre obbligatorio in caso di nuova costruzione e ristrutturazione integrale di un edificio, a eccezione dei fabbricati industriali, agricoli e non residenziali. In generale, poi, occorre dotare di attestato l’abitazione in caso di compravendita. In alcune Regioni, inoltre, è indispensabile anche in caso di ristrutturazione semplice o comunque entro determinati parametri fissati dalle regole locali.

Case in affitto: la procedura cambia secondo le zone
Per quanto riguarda le locazioni è lo stesso D.Lgs 28/2011 a indicare i casi in cui scatta l’obbligo dell’Ace. Oggi anche nei contratti di locazione deve essere inserita una clausola con cui il conduttore afferma di aver ricevuto le informazioni e il relativo attestato, qualora l’immobile fosse già dotato di Ace. Non è invece obbligatorio consegnare il certificato stesso: in passato chi non avesse allegato la documentazione avrebbe compromesso lo stesso contratto, considerato nullo. Oggi invece è sufficiente la dichiarazione di esistenza dell’Ace, anche se conviene allegarla. Sarà invece obbligatorio indicare nell’annuncio di affitto la classe energetica dell’unità. La documentazione deve accompagnare i nuovi contratti e quelli rinnovati tacitamente.

Differenze a livello locale
Se le regole nazionali sono sufficientemente chiare sui casi in cui è obbligatorio dotare l’immobile dell’Ace, le norme regionali disciplinano in modo ancor più dettagliato modalità e casi in cui occorre rilasciare l’attestato. Fermo restando l’obbligo in caso di compravendita, ristrutturazione integrale e nuova costruzione, le singole Regioni stabiliscono quando, nelle locazioni, sia obbligatorio l’Ace (che assume anche nomi diversi). È il caso della Regione Lombardia, che infligge una multa dai 2.500 ai 10mila euro per chi non consegna all’affittuario la documentazione sul consumo energetico della casa. Il Friuli Venezia Giulia, invece, prevede dal gennaio 2012 che la certificazione VEA sia consegnata al momento della firma del contratto, pena una sanzione tra i 500 euro e i 3mila euro. Infine, per quanto riguarda le ristrutturazioni alcune Regioni come la Lombardia prevedono l’obbligo anche nei casi di intervento che riguardi e interessi oltre il 25% della superficie dell’involucro.

In caso di compravendita
Chi vende o acquista una casa non ancora dotata di certificato non può esimersi: dovrà contattare un tecnico qualificato per il rilascio dell’attestato. Non è infatti ammessa l’autocertificazione per quanto riguarda il consumo energetico di un immobile, nemmeno se la classe che si intende attestare è quella meno efficiente (la classe G), caso per cui in passato era possibile sostituire l’attestato con una dichiarazione di scarsa prestazione.
L’Italia ha infatti subìto una procedura di infrazione proprio per l’incompleta attuazione dei contenuti della direttiva europea 2002/91/CE. Dal 28 dicembre 2012 la legislazione italiana si è adeguata agli obblighi stabiliti da Bruxelles, prevedendo il divieto (istituito con un altro decreto del 2009) di autocertificare un edificio in classe G, quella con le prestazioni più basse e i costi di gestione più alti, in sostituzione dell’attestato vero e proprio. Oggi l’Ace è obbligatorio per tutti gli atti di compravendita. Non esiste comunque più il rischio che in assenza dell’attestato, il rogito possa essere considerato nullo, come accadeva in passato. Ma in alcune regioni, come Piemonte e Lombardia, si può incorrere in multe salate per il venditore o costruttore che non rispetti quest’obbligo.

Su chi ricade l’obbligo?
Venditore e acquirente – Nella compravendita è venuto meno l’obbligo che a fornire l’attestazione, che deve essere sempre redatta da un tecnico qualificato, sia il venditore. Qualunque immobile in vendita deve essere dotato della documentazione che ne indica la classe di efficienza in cui l’edificio è collocato e il relativo indice di prestazione energetica (Ipe), ma l’onere può ricadere anche sull’acquirente. Quest’ultimo, inoltre, non può rinunciare alla certificazione.

Costruttore – Se la casa è appena stata costruita l’obbligo ricade direttamente sul costruttore, che deve consegnare il documento insieme alle chiavi dell’edificio. Una procedura, peraltro, indispensabile anche per ottenere l’agibilità della nuova costruzione.

In genere vale 10 anni
L’attestato Ace è generalmente valido per 10 anni dalla data del suo rilascio. Ogni Regione, tuttavia, ha parametri differenti sui tempi di validità per cui è sempre opportuno controllare le regole stabilite nel proprio territorio. I dieci anni, peraltro, sono un periodo indicativo: qualora in quell’arco temporale incorrano modifiche tali da alterare o cambiare l’erogazione dell’energia e la prestazione energetica dell’immobile, allora sarà necessario ricontattare un tecnico qualificato e riottenere un nuovo certificato.

Non tutte le unità di un immobile devono avere l’Ace
Chi vuole vendere il box auto, la cantina, il deposito, l’autorimessa, il rudere o l’immobile non ancora completato non ha invece l’obbligo di fornire l’attestato di certificazione energetica Ace. La legge, infatti, prevede che le costruzioni che al momento della vendita sono ancora prive delle pareti verticali esterne o sono ancora al rustico, cioè non hanno ancora le rifiniture e non dispongono degli impianti tecnologici necessari per abitarvi, siano esentate. In questi casi, però dovrà essere il notaio, durante la preparazione del rogito, a controllare quale sia lo stato dell’immobile in questione e quindi informare le parti dei loro diritti e doveri in relazione agli adempimenti richiesti per la certificazione energetica.

Attenzione all’Ipe
L’Indice di prestazione energetica (Ipe) è un parametro che serve a valutare la prestazione di un edificio. Sintetizza il rapporto tra l’energia necessaria per riscaldare un ambiente fino alla temperatura di 18 °C e la sua superficie netta calpestabile (mq). Dal 1° gennaio 2012 è obbligatorio indicarlo negli annunci di vendita di un edificio, indipendentemente dal fatto che siano diffusi tramite stampa, Internet o affissioni. Questo parametro non va confuso con l’inquadramento dell’immobile nella classe di efficienza energetica: l’Ipecostituisce solo uno degli elementi di cui si compone l’attestato Ace. L’Ipe dovrebbe servire al potenziale affittuario per capire quali sono i costi di gestione sotto il profilo energetico di un nuovo appartamento, in relazione a certe condizioni climatiche e a determinati standard di utilizzo. In parallelo, però, non è previsto l’obbligo di indicare la classe energetica di appartenenza dell’edificio, sebbene questo sia forse un parametro più immediatamente comprensibile. Le sanzioni per la mancata segnalazione dell’Ipe sono determinate a livello locale: uno dei casi esemplari per severità è la Lombardia, che prevede multe da mille a 5mila euro per unità immobiliare.

Incentivi fiscali
La certificazione energetica è utile anche per accedere agli incentivi fiscali previsti per i lavori eseguiti su edifici già esistenti con il fine di migliorarne l’efficienza. L’Ace, infatti, è obbligatorio per esempio nel caso di lavori di coibentazione di pareti, tetti e solai o ancora per la riqualificazione energetica globale della casa.

Quanto costa
Trattandosi di una consulenza specialistica, il costo per il rilascio dell’attestato di certificazione energetica varia secondo la quantità di elementi da ispezionare, della metratura e della qualità dell’edificio su cui si interviene. Il prezzo varia, pertanto,a seconda che l’analisi delle prestazioni riguardi l’intero complesso abitativo o una singola unità immobiliare. Una media corretta si aggira, in ogni caso, tra i 250-300 euro per un appartamento e i 500 euro per una villetta. Prezzi al di sotto dei quali è bene non scendere e che garantiscono una corretta remunerazione del tempo e della competenza investiti da un professionista della certificazione.

LE TIPOLOGIE DI CONTRATTI DI LOCAZIONE

Quando si decide di affittare una casa è bene sapere che esistono diversi tipi di contratti di locazione e in base a ciò che verrà scelto si determineranno degli obblighi futuri da rispettare. Inoltre è bene anche sottolineare che vi è una netta differenza tra i contratti d’affitto ad uso abitativo e quelli commerciali. Anche se poi molti elementi contrattuali coincidono.
Elementi di un contratto di locazione
contrattid’affitto, devono indicare, indipendentemente dalla tipologia:
·nome dell’affittuario e del locatore;
·data di inizio e durata del contratto;
·identificazione del bene;
·prezzo del canone;
·modalità aggiornamento Istat

I 5 tipi di contratti d’affitto
·Contratto ordinario a canone libero:  la durata minima di questo canone d’affitto è di 4 anni rinnovabili per altri 4 anni in automatico. Trascorsi i primi 4 se il locatore non invia una lettera di disdetta, sei mesi prima della scadenza, il contratto si rinnova in automatico.
·Contratto a canone concordato: la durata del contratto calmierato è di 3+2. Solitamente viene stipulato per andare incontro alle esigenze degli inquilini e  quelle dei proprietari che beneficiano di incentivi fiscali (detrazione forfettaria del 5%; abbattimento del 30% canone Irpef; 30% di sconto sull’imposta di registro; 49,5% del canone annuale inserito nella dichiarazione dei redditi). Alla scadenza dei 3 anni il contratto può essere rinnovato per altri 3 anni.
·Contratto transitorio: può avere una durata massima di 18 mesi. Se alla scadenza del contratto esistono cause di transitorietà, l’inquilino e il locatore devono confermare la cosa con raccomandata prima della scadenza. Se invece queste vengono meno il contratto transitorio prevede che venga sostituito da uno a canone libero, con la durata di almeno 4 anni.
·Contratto comodato d’uso: il locatore consegna ad un’altra persona un immobile, che potrà utilizzarlo per un tempo determinato.
·Contratto transitorio per studenti: la durata del contratto può variare dai 6 ai 36 mesi e viene concesso ad uno studente fuori sede, che si trova a studiare presso un’università ubicata dove è collocato l’immobile.

Dettagli caparra
Soprattutto per quello che riguarda il contratto ad uso abitativo, non esiste un facs simile o un modello (sebbene sul web sia possibile trovarne alcuni). L’importante è, infatti, che questo contenga tutte le informazioni su citate: solo in questo caso sarà conforme alla legge.
Al momento della firma è necessario anche chiarire la suddivisione delle spese fra proprietario e inquilino.

Registrazione contratto di locazione
Tutti i contratti di locazionedevono essere obbligatoriamente registrati dall’affittuario o dal proprietario, indipendentemente dal canone concordato. L’unico caso in cui non vige l’obbligo di registrazione è inerente ai contratti che non superano i 30 giorni nell’arco di un anno. La registrazione deve essere effettuata poi entro 30 giorni dalla data di stipula o decorrenza (se anteriore).
Per le locazioni tra privati di immobili abitativi, locati ad uso abitativo, si può anche ricorrere al regime facoltativo: la cedolare secca che prevede il versamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali, nonché le imposte di registro e di bollo, dovute sul contratto di locazione.

La cedolare secca
La cedolare secca è un regime  facoltativo, che permette di pagare un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali. Per i contratti sotto cedolare secca non vanno pagate le imposte di registro e di bollo, anche se questa non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione. Inoltre se si sceglie la cedolare secca non può essere richiesta, per la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto dal contratto.
Possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni.

Aggiornamento Istat
Per quello che riguarda tutti i tipi di contratti di locazione, i padroni di casa hanno la facoltà di chiedere l’aggiornamento Istat annuale. Si tratta di un aumento del canone in proporzione all’Indice FOI (relativo alle Famiglie di Operai e Impiegati).
Il contratto d’affitto deve chiarire in che misura dev’essere applicato. Infatti, se per le abitazioni vi è una completa discrezione (il rispettivo canone si può aggiornare in rapporto al 75% o anche del 100%) per quello che riguarda gli esercizi commerciale la percentuale è fissa al 75%.

ACQUISTO CON AGENZIA
Sempre più spesso chi vuole vendere o comprare casa si rivolge alle agenzie immobiliari, sia per risparmiare tempo, sia per affidarsi a professionisti e consulenti esperti del settore immobiliare.
Fin qui niente di male, anzi quando si tratta di immobili se non si ha un po’ di esperienza il "Fai da te" può essere molto rischioso.
Tuttavia le agenzie immobiliari non sono volontari benefattori, ma - come è giusto che sia - imprese o professionisti che lavorano per essere ben retribuiti, ed i clienti pagatori sono proprio coloro che cercano di vendere o di acquistare casa, oltre naturalmente al mercato delle locazioni immobiliari.
La premessa era necessaria perché l’esperienza vissuta dalle associazioni dei consumatori insegna che mentre per i consumatori è molto chiaro il primo passaggio (agenzia immobiliare = risparmio tempo e mi affido ad esperti) è molto meno chiaro il secondo passaggio (agenzia immobiliare = scopo di lucro), visto che molti consumatori si lamentano del comportamento delle agenzie immobiliari quando queste chiedono il pagamento.
Ecco dunque che in quel momento i consumatori scoprono di avere firmato con una certa leggerezza incarichi, proposte, contratti, precontratti o impegni vari quando (ancora confidando unicamente nel "primo passaggio") sono entrati per la prima volta nell’agenzia immobiliare.
Di seguito formuliamo alcuni consigli dell’Unione Nazionale Consumatori prima di firmare un contratto con l’agenzia immobiliare.
• Non firmare se l’agenzia chiede una provvigione superiore al 3%, anzi è onesto il 2%. Considerare che la percentuale è l’imponibile, al quale va aggiunta l’iva al 20% perché è una prestazione di servizi.
• Quando si firma il contratto di incarico, prestare attenzione al periodo di validità, che non dovrebbe superare i tre mesi.
• Fare attenzione se l’incarico è "in esclusiva": in questo caso il consumatore è tenuto a pagare la provvigione o una penale se trova egli stesso il compratore, il venditore, il locatore o il locatario della casa.
• Far cambiare la clausola relativa alla disdetta dell’incarico se per la comunicazione tramite raccomandata prevede un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto (al massimo dovrebbe essere 15 giorni).
• Ricordarsi che generalmente tali contratti prevedono la proroga automatica in caso di mancata disdetta entro i termini.
• In caso di acquisto, l’agente immobiliare deve poter esibire al consumatore i certificati di destinazione d’uso, di destinazione urbanistica, copie conformi dei documenti di condono e le altre documentazioni relative all’immobile, onde evitare sorprese impreviste.
• Il consumatore deve ricordarsi assolutamente che la caparra versata deve essere intestata al venditore con assegno non trasferibile e non all’agente immobiliare, che non può incassare acconti o caparre neanche in conto provvigione o a titolo di risarcimento.
• La provvigione è dovuta all’agente immobiliare soltanto alla conclusione dell’affare, che coincide con l’accettazione formale della proposta da parte dell’acquirente.
Imparato questo, le sorprese ci possono sempre essere, ma molto più limitate. E’ sempre bene chiedere qualche giorno di tempo per esaminare i documenti prima di firmarli.

NORME CONDOMINIALI
Dal 18 giugno, entrerà in vigore la riforma del condominio. Da martedì, infatti, decorreranno i sei mesi di tempo, dalla pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” del  17 dicembre 2012 n. 293, che sono stati concessi per far fronte alle novità previste dalla legge 11 dicembre 2012 n. 220 “Modifica alla disciplina del condominio negli edifici”, ponendo così finalmente fine ad un’attesa lunga 71 anni.La legge n. 220/2012 rivoluziona completamente i rapporti che legano amministratori e condomini. Grazie alla riforma, infatti, si suppone che gli oltre 50 milioni di cittadini che vivono oggi in condominio, ossia l’85% delle famiglie italiane, otterranno maggiori diritti nei confronti dell’amministratore, beneficiando altresì di una maggiore supervisione finanziaria. Anche l’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari (Anaci), su dichiarazione dello stesso presidente, Pietro Membri, sembra essere rimasta soddisfatta dalle modifiche apportate dalla riforma.Sono diverse le novità che recepiscono orientamenti già ampiamente consolidati dalla Corte di Cassazione, ad esempio in materia di riscaldamento centralizzato o attinenti alla gestione di un conto corrente intestato al condominio. Altrettanto numerose sono, però, le correzioni che introducono vere e proprie innovazioni, come quelle concernenti il profilo dell’amministratore, il cui “statuto” cambia radicalmente, o quelle riguardanti il quorum assembleare.

Tutte le novità
Il nuovo amministratore di condominio
L’articolo 9 sostituisce l’articolo 1129 del Codice civile in materia di nomina, revoca e obblighi dell’amministratore, la cui carica dura un anno ed è rinnovata per eguale durata. L’articolo 10 rinnova l’articolo 1130 del Cc, in materia di attribuzioni dell’amministratore, orientate verso una maggior tutela della trasparenza del suo operato. Con l’articolo 11 viene, invece, inserito nel Codice civile l’articolo 1130-bis, che disciplina il rendiconto condominiale. L’articolo 12 modifica, infine, l’articolo 1131 del Cc, chiarendo a quale norma si intende fare riferimento. L’amministratore di condominio diventa una figura obbligatoria all’interno degli agglomerati condominiali che comprendono più di otto condomini. I requisiti per la nomina, rispetto al passato, sono stati innalzati: la persona  è tenuta infatti a possedere un diploma di scuola media superiore, deve superare un corso di formazione professionale oltre che frequentare sistematicamente attività formative. Gli stessi requisiti possono, però, venire ridotti qualora la carica venga rivestita da uno dei condomini o nel caso sia già stata svolta almeno per un anno nel corso dell’ultimo triennio. Tra le variazioni più importanti emerge una serie di elementi che l’amministratore è chiamato a fornire ai condomini, in termini di conoscenza e pubblicità, per consentire loro di valutare le rispettive qualifiche ed il rispettivo operato. In tal senso, l’amministratore a cui sia richiesto, all’atto dell’accettazione della nomina dovrà presentare una polizza di assicurazione per responsabilità civile, a garanzia degli atti compiuti nello svolgimento del mandato. Seguono inoltre:  l’obbligo di passare le somme ricevute a qualsiasi titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle erogate per il condominio, su uno specifico conto corrente postale o bancario intestato allo stesso; l’obbligo di agire, eccetto in caso di dispensa da parte dell’assemblea, per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito è esigibile. Sono stati standardizzati anche i comportamenti per i quali può disporsi la revoca dell’incarico. L’attenzione, infatti, che il nuovo amministratore dovrà riporre nel rispetto della normativa è massimo: il riscontro del mancato adempimento (irregolarità fiscali o mancata apertura del conto condominiale) anche da parte di un solo condomino può provocarne la revoca.

Assemblea
L’avviso di convocazione potrà essere inviato via fax, tramite posta elettronica certificata (PEC) o tramite recapito a mano. Può dunque dirsi definitivamente addio al vecchio, ufficioso, invito a voce e i nostalgici del tradizionale metodo, se non si adegueranno alle nuove disposizioni, potranno incapparsi nei ricorsi presentati dai condomini assenti dissenzienti. Sono stati introdotti anche nuovi limiti numerici al cumulo delle deleghe di voto, con tanto di divieto di delega all’amministratore. Anche i quorum per la validità delle delibere assembleari sono stati modificati, nello specifico le variazioni riguardano:
·la costituzione in prima convocazione: 50% + 1 dei condomini e 2/3 dei millesimi;
·la costituzione in seconda convocazione (quella effettiva): 1/3 dei condomini e 1/3 dei millesimi;
·le delibere (sempre in seconda convocazione): 50% + 1 dei partecipanti e 1/3 dei millesimi.

 Più controllo contro i morosi e sanzioni
I condomini che ritarderanno i pagamenti, hanno a disposizione sei mesi di tempo per regolarizzare le rispettive posizioni. Terminato questo intervallo, l’amministratore senza obblighi di consulta per l’assemblea, sarà tenuto a procedere tramite l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti dei morosi. Qualora la morosità dovesse protrarsi oltre i sei mesi, il condomino dovrà essere inibito dalla fruizione dei servizi comuni. La sanzione prevista per chi infrange il regolamento di condominio può oscillare dai 200 fino agli 800 euro.

Benvenuti gli animali domestici
La nuova riforma prevede più libertà per i possessori di animali domestici. Quest’ultimi, infatti, potranno godersi i loro amici a quattro zampe senza troppe rinunce, ferma restando la tassativa osservanza del regolamento previsto per le aree comuni. In particolare, rimane valida l’ordinanza del ministero della Salute, entrata in vigore il 23 marzo 2009, che sancisce l’obbligatorietà, nei confronti dei proprietari di animali, di mantenere pulita l’area di passeggio, di utilizzare il guinzaglio in tutti gli spazi condominiali e di applicare la museruola nel caso di animali aggressivi. Chi sceglie di possedere animali domestici è tenuto comunque a non dimenticare di essere investito di responsabilità civile e penale in caso di danno o lesione.

Parti comuni
L’articolo 1 sostituisce l’articolo 1117 del Codice civile, offrendo un’indicazione più esaustiva, anche se non tassativa, sulle parti comuni dell’edificio. Rimane attuale l’affermazione giurisprudenziale secondo cui il diritto di condominio sulle parti comuni dell’edificio trova fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l’esistenza dell’edificio stesso, ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune. In tal senso, la presunzione di comproprietà posta dall’articolo 1117 Cc, la quale comprende un elenco non categorico ma esemplificativo dei beni da considerare oggetto di comunione, può essere superata se la cosa, per riscontrabili caratteristiche strutturali, serve in via esclusiva all’uso o al godimento di una parte dell’immobile, venendo meno, in questi casi, il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità doverosa, dal momento che la destinazione particolare del bene arriva a prevalere sull’attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario. Tra le diverse specificazioni sono espressamente indicati, come parti comuni, i sottotetti qualora destinati per caratteristiche strutturali e funzionali all’uso comune. Il testo del recente art. 1117 risente anche degli aggiornamenti di natura tecnologica con specifico riguardo ai sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione, tra l’altro, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, sia da satellite che via cavo.

Rispetto ambientale ed energetico 
L’articolo 7 della nuova legge recita: “E’ consentita l’installazione di  impianti  per  la  produzione  di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole  unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra  idonea  superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato. Qualora si rendano necessarie  modificazioni  delle  parti  comuni, l’interessato ne dà comunicazione  all’amministratore  indicando  il contenuto specifico e le modalità di  esecuzione  degli  interventi”. Viene pertanto favorito chi provvede ad installare sistemi per il risparmio energetico. L’installazione viene comunque a dipendere dal parere dell’assemblea, la quale è chiamata ad adoperarsi per: “imporre cautele a salvaguardia della  stabilità,  della sicurezza o  del  decoro  architettonico  dell’edificio  e,  ai  finidell’installazione degli impianti di cui al secondo comma,  provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico  solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le  diverse  forme  diutilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque  in  atto”.

Riscaldamento e ascensore
La nuova riforma chiarisce la ripartizione delle spese per il servizio di ascensore: per metà si considererà il valore millesimale e per l’altra metà verrà a valere il piano. E’ l’articolo 8 a specificare: “Le  scale  e  gli  ascensori  sono  mantenuti  e  sostituiti   dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle  singole unità immobiliari e  per  l’altra  metà  esclusivamente  in  misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo”. Contemporaneamente, i condomini che esprimono l’intenzione di distaccarsi dal sistema di riscaldamento centralizzato saranno abilitati a farlo anche senza il benestare dell’assemblea, a condizione che continuino a versare le spese di manutenzione straordinaria senza arrecare danno agli altri condomini.

Innovazioni 
Il legislatore, nell’introdurre alcuni commi nel testo dell’articolo 1120 Cc, segnala una serie di innovazioni per la cui approvazione è prevista una maggioranza meno forte rispetto alle innovazioni indirizzate, in linea generale, al miglioramento, all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, di cui all’articolo 1120, primo comma, Cc. Si tratta di fattispecie volte a valorizzare l’immobile sotto il profilo della sicurezza e della salubrità impiantistica, dell’abbattimento delle barriere architettoniche, del contenimento del consumo energetico, della realizzazione di parcheggi e dell’installazione degli impianti per accedere a flussi informativi.

Sito internet condominiale
L’Art. 71 – ter contempla la possibilità di aprire un sito internet condominiale che risponda ad obiettivi non promozionali ma di trasparenza. In esso dovranno trovare posto le pubblicazioni di atti, verbali, notizie, documenti utili per i condomini aventi finalità di chiarezza e trasparenza. “Su richiesta dell’assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del codice, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare. Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condomini”.

Bilancio condominiale
E’ stato introdotto il principio della trasparenza. Il nuovo bilancio va a comporsi di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario e di una nota riassuntiva che esplica la gestione. L’assemblea ha inoltre facoltà di nominare un revisore dei conti del condominio.

 Normativa
Si allega di seguito il testo completo della nuova riforma del condominio previste dalla legge 11 dicembre 2012 n. 220 recante “Modifica alla disciplina del condominio negli edifici”.
Vai al testo finale della riforma del condominio.
LE DONAZIONI E SUCCESSIONI
L’imposta di successione
Le persone che ricevono in eredità beni immobili e diritti reali immobiliari hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione e pagare, se dovuta, l’imposta di successione.
L’imposta di successione è calcolata dall’ufficio, in base alla dichiarazione presentata e previa correzione di eventuali errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della base imponibile.
L’importo eventualmente dovuto è notificato al contribuente attraverso un avviso di liquidazione.
BASE IMPONIBILE Per gli immobili ereditati in piena proprietà (cioè immobili non gravati da diritti reali di godimento), la base imponibile per il calcolo dell’imposta è costituita dalla loro rendita catastale (rivalutata del 5%) moltiplicata per uno dei seguenti coefficienti:
·110, per la prima casa • 120, per i fabbricati appartenenti ai gruppi catastali A e C (esclusi quelli delle categorie A/10 e C/1) • 140, per i fabbricati appartenenti al gruppo catastale B
·60, per i fabbricati delle categorie A/10 (uffici e studi privati) e D
·40,8, per i fabbricati delle categorie C/1 (negozi e botteghe) ed E.
Per i terreni non edificabili il valore imponibile si determina, invece, moltiplicando per 90 il reddito dominicale già rivalutato del 25%.
ALIQUOTE Sono previste aliquote di tassazione diverse, a seconda del grado di parentela intercorrente tra la persona deceduta e l’erede.
In particolare, sul valore complessivo dell’eredità si applicano le seguenti aliquote:
·4%, per il coniuge e i parenti in linea retta (genitori e figli), da calcolare sul valore eccedente, per ciascun erede, 1.000.000 di euro
·6%, per fratelli e sorelle, da calcolare sul valore eccedente, per ciascun erede, 100.000 euro
·6%, da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per gli altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, nonché affini in linea collaterale fino al terzo grado
· 8%, da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per le altre persone.
ATTENZIONE Se a beneficiare del trasferimento è una persona portatrice di handicap grave, riconosciuta tale ai sensi della legge n. 104/1992, l’imposta si applica sulla parte del valore della quota che supera 1.500.000 euro.

FISCO E CASA: SUCCESSIONI E DONAZIONI
 ATTENZIONE: le indicazioni contenute nella presente guida potrebbero subire modifiche. E’ opportuno verificarle attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate
Gli importi esenti dall’imposta (la franchigia) sono aggiornati ogni quattro anni, in base all’indice del costo della vita.
Ai soli fini dell’applicazione della franchigia, sulla quota devoluta all’erede si deve tener conto del valore delle donazioni in vita fatte dalla persona deceduta a favore del medesimo erede.

Le imposte ipotecaria e catastale
Quando nell’attivo ereditario ci sono beni immobili e diritti reali immobiliari, sono dovute le imposte ipotecaria e catastale.
Queste, sono pari, rispettivamente, al 2% e all’1% del valore degli immobili, con un versamento minimo di 200 euro per ciascuna imposta.
Le imposte ipotecaria e catastale devono essere pagate prima della presentazione della dichiarazione di successione. Per il versamento va utilizzato il modello F23, nel quale vanno indicati i codici tributo 649T per l’imposta ipotecaria, 737T per l’imposta catastale.

AGEVOLAZIONI “PRIMA CASA” Le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura fissa di 200 euro per ciascuna imposta, indipendentemente dal valore dell’immobile caduto in successione, quando il beneficiario (o, nel caso di immobile trasferito a più beneficiari, almeno uno di essi) ha i requisiti necessari per fruire delle agevolazioni “prima casa”.
In questo caso è necessario attestare nella dichiarazione di successione l’esistenza delle condizioni che la legge richiede.
Requisiti per richiedere le agevolazioni “prima casa” Le agevolazioni fiscali sono concesse se chi eredita l’immobile:
·non è titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune dove si trova l’immobile ereditato
·non è titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.
Questi due requisiti devono sussistere entrambi.
Inoltre, l’immobile deve trovarsi nel Comune in cui l’erede ha la propria residenza o in cui intende stabilirla entro diciotto mesi (salvo alcuni casi particolari in cui tale requisito non è richiesto, come per esempio per il personale delle forze di polizia).
Decadenza dall’agevolazione La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 33/2011 fornisce importanti chiarimenti sulla decadenza dall’agevolazione nei casi in cui uno degli eredi abbia reso una falsa dichiarazione o quando egli non trasferisca la residenza nel Comune in cui si trova l’immobile ereditato nel termine di diciotto mesi.

FISCO E CASA: SUCCESSIONI E DONAZIONI
ATTENZIONE: le indicazioni contenute nella presente guida potrebbero subire modifiche. E’ opportuno verificarle attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate
Nel primo caso, la mendacità della dichiarazione determinerà la decadenza del beneficio non solo per chi ha dichiarato di possedere i requisiti per poterne fruire, ma anche per gli altri coeredi (la sanzione sarà però applicata solo all’autore della dichiarazione mendace).
Anche nel secondo caso si avrà la decadenza dal beneficio. Tuttavia, il recupero dell’imposta e della relativa sanzione interesserà interamente ed esclusivamente il soggetto che non ha rispettato l’impegno assunto, cioè il trasferimento della residenza.
Analoghe considerazioni vanno fatte per l’ipotesi in cui il beneficiario-dichiarante rivenda l’immobile entro cinque anni dall’acquisizione, senza procedere entro un anno al riacquisto di altro immobile da adibire a “prima casa”. Infatti, anche in questo caso si avrà la decadenza per intero del beneficio, con recupero dell’imposta e applicazione delle relative sanzioni in capo al solo dichiarante. Invece, la rivendita infraquinquennale dell’immobile oggetto dell’agevolazione da parte di un coerede non dichiarante non comporta alcuna decadenza dal beneficio, neanche in capo al soggetto che ha ceduto l’immobile.
Va ricordato che il regime di favore riguarda esclusivamente l’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecaria e catastale, non anche il riconoscimento di alcun beneficio legato all’imposta sulle successioni e donazioni, che segue il regime ordinario.

IMPOSTE DI SUCCESSIONE, IPOTECARIA E CATASTALE SUGLI IMMOBILI EREDITATI GRADO DI PARENTELA IMPOSTE
CONIUGI E PARENTI IN LINEA RETTA
·imposta di successione 4% sulla quota ereditata eccedente 1 milione di euro
· imposta ipotecaria (2%) e catastale (1%) (200 euro per ciascuna imposta, se per l’erede è prima casa)
FRATELLI E SORELLE
imposta di successione 6% sulla quota ereditata eccedente 100 mila euro
· imposta ipotecaria (2%) e catastale (1%) (200 euro per ciascuna imposta, se per l’erede è prima casa)
ALTRI PARENTI FINO AL 4° GRADO E AFFINI FINO AL 3° GRADO
·imposta di successione 6% sulla quota ereditata (senza alcuna franchigia)
· imposta ipotecaria (2%) e catastale (1%) (200 euro per ciascuna imposta, se per l’erede è prima casa)
ALTRE PERSONE
· imposta di successione 8% sulla quota ereditata (senza alcuna franchigia)
· imposta ipotecaria (2%) e catastale (1%) (200 euro per ciascuna imposta, se per l’erede è prima casa) ALL’EREDE PORTATORE DI HANDICAP GRAVE SPETTA UNA FRANCHIGIA DI 1,5 MILIONI DI EURO
La dichiarazione di successione
Quando nell’attivo ereditario sono compresi beni immobili o diritti reali immobiliari è sempre obbligatoria la presentazione della dichiarazione di successione.
L’obbligo di presentare la dichiarazione di successione è escluso, difatti, solo nel caso in cui si verifichino, contemporaneamente, le seguenti condizioni:
·l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta
·l’attivo ereditario ha un valore non superiore a 100.000 euro
·nell’attivo ereditario non sono compresi beni immobili o diritti reali immobiliari.

FISCO E CASA: SUCCESSIONI E DONAZIONI
ATTENZIONE: le indicazioni contenute nella presente guida potrebbero subire modifiche. E’ opportuno verificarle attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate
La dichiarazione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione, che coincide, generalmente, con la data del decesso del contribuente.
È necessario compilare l’apposito modulo (modello 4), reperibile presso ogni ufficio territoriale o sul sito dell’Agenzia (www.agenziaentrate.gov.it), e successivamente presentarlo all’ufficio territoriale dell’Agenzia nella cui circoscrizione era fissata l’ultima residenza del defunto. In caso di utilizzo di modello differente, la dichiarazione risulta nulla.
Se il defunto non aveva la residenza in Italia, la denuncia di successione deve essere presentata all’ufficio nella cui circoscrizione era stata fissata l’ultima residenza italiana.
Se non si è a conoscenza di quest’ultima, la denuncia va presentata all’Agenzia delle Entrate - Direzione provinciale di Roma II – Ufficio territoriale “Roma 6”, Via Canton 20 - CAP 00144.
Quando nell’attivo ereditario è presente un immobile, prima di presentare la dichiarazione di successione occorre calcolare e versare le imposte ipotecaria, catastale e di bollo, la tassa ipotecaria, i tributi speciali e i tributi speciali catastali.
Inoltre, entro trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione, è necessario presentare la richiesta di voltura degli immobili agli uffici dell’Agenzia - Territorio.
CHI DEVE PRESENTARE LA DICHIARAZIONE Sono obbligati a presentare la dichiarazione di successione:
·i chiamati all’eredità e i legatari, o i loro rappresentanti legali
·gli immessi nel possesso dei beni, in caso di assenza o di dichiarazione di morte presunta
·gli amministratori dell’eredità
·i curatori delle eredità giacenti
·gli esecutori testamentari
·i trustee.
Se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione, è sufficiente che la stessa sia presentata da una sola di esse.
Alla dichiarazione non occorre più allegare gli estratti catastali degli immobili caduti in successione (risoluzione n. 11/E del 13 febbraio 2013).
Dichiarazione rettificativa La dichiarazione di successione può essere modificata entro la scadenza del termine di presentazione.
Con la risoluzione n. 8/E del 13 gennaio 2012 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che è possibile rettificare la dichiarazione anche oltre questo termine, purché le modifiche siano dichiarate prima della notifica dell’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta o, in mancanza, entro il termine previsto per la notifica del medesimo atto (due anni dal pagamento dell’imposta principale).

FISCO E CA SA: SUCCESSIONI E DONAZIONI
ATTENZIONE: le indicazioni contenute nella presente guida potrebbero subire modifiche. E’ opportuno verificarle attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate.

LE IMPOSTE SULLE DONAZIONI DI IMMOBILI
Anche le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito degli immobili sono soggetti a imposizione.
Le aliquote
Le aliquote da utilizzare per determinare l’imposta sono le stesse previste per le successioni e variano in funzione del rapporto di parentela intercorrente tra il donante e il beneficiario:
·4%, per il coniuge e i parenti in linea retta, da calcolare sul valore eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro
·6%, per fratelli e sorelle, da calcolare sul valore eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro
· 6%, da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per gli altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, affini in linea collaterale fino al terzo grado
·8%, da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per le altre persone.
ATTENZIONE Se a beneficiare del trasferimento è una persona portatrice di handicap grave, riconosciuto tale ai sensi della legge n. 104/1992, l’imposta si applica sulla parte del valore della quota che supera 1.500.000 euro.
Gli importi esenti dall’imposta (la franchigia) sono aggiornati ogni quattro anni, in base all’indice del costo della vita.

Le imposte ipotecaria e catastale
Sulle donazioni di un bene immobile o di un diritto reale immobiliare sono dovute, inoltre:
·l’imposta ipotecaria, nella misura del 2% del valore dell’immobile
·l’imposta catastale, nella misura dell’1% del valore dell’immobile.
Per le donazioni di “prima casa” valgono le stesse agevolazioni concesse per le successioni.
In sostanza, invece che applicare le citate percentuali sul valore dell’immobile, il beneficiario pagherà le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
L’agevolazione “prima casa” fruita per l’acquisto di immobili a titolo di donazione non preclude la possibilità di chiedere nuovamente il regime di esenzione in caso di successivo, eventuale acquisto a titolo oneroso di altro immobile (soggetto ad imposta di registro). Al contrario, l’agevolazione prima casa fruita per l’acquisto di immobili per donazione preclude ulteriori acquisti agevolati a titolo gratuito, salvo che tali acquisti abbiano per oggetto quote dello stesso immobile.
Con la circolare n. 44/E del 7 ottobre 2011, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che per la registrazione di un atto di donazione, se di valore inferiore ai limiti stabiliti per le franchigie, non è dovuta imposta di registro.

 

 


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